Per supportare le PMI nella produzione delle informazioni di sostenibilità, il Tavolo per la Finanza Sostenibile ha sviluppato un Documento finalizzato ad agevolare la comunicazione tra le PMI e le istituzioni finanziarie sui temi centrali come il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile e di neutralità climatica dell’Unione Europea entro il 2050, attraverso degli indicatori di sostenibilità. Il Documento in consultazione fino al 2 agosto intende proporre un modello di riferimento per la standardizzazione, in modo proporzionato, di tali informazioni e rappresentare quindi un primo passo per aiutare le PMI a comprendere e gestire i temi ambientali, sociali e di governance.
Il Tavolo per la finanza sostenibile
Tenuto conto degli obiettivi del Green Deal europeo, delle iniziative in corso in ambito G20 e del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, alla fine del 2022 il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) ha promosso la costituzione del “Tavolo di coordinamento sulla finanza sostenibile”, che coinvolge il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, la Banca d’Italia, la Commissione Nazionale per le Società e la Borsa, l’Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni e la Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione.
Il Tavolo mira, in particolare, a offrire soluzioni concrete per rimuovere gli ostacoli agli investimenti privati in sostenibilità e ad essere una sede di incontro e di dialogo aperto con i diversi portatori d’interesse, intesi come associazioni di categoria, operatori del mercato e del settore privato.
I 45 indicatori di sostenibilità
Il Documento introduce 45 indicatori di sostenibilità articolati in cinque sezioni tematiche:
- informazioni generali: l’impresa fornisce informazioni essenziali come l’indirizzo, il codice NACE, le attività svolte e l’eventuale coinvolgimento in settori ad alto impatto climatico. Inoltre, viene segnalata la presenza di un rating climatico/ambientale esterno, se disponibile;
- mitigazione e adattamento al cambiamento climatico: oltre a prevedere la divisione del fatturato delle attività ad alto impatto di emissioni, propone di specificare il livello di efficienza degli immobili in garanzia, l’evidenza del consumo totale di energia, la specificazione di quanta parte viene da fonti rinnovabili e quanta da fonti tradizionali e se l’impresa ha fissato un target per ridurre le emissioni di gas serra;
- ambiente: si occupa dei dati in tema di inquinamento di aria, acqua e suolo andando a monitorare le emissioni e le sostanze inquinanti immesse nell’aria, nell’acqua e nel suolo, l’individuazione di obiettivi di riduzione delle emissioni e l’esplicitazione dei consumi idrici;
- società e forza lavoro: si indicano tutte le informazioni relative alle politiche in materia di diritti umani, alle procedure di dovuta diligenza sui diritti umani, alla contrattazione collettiva, alla libertà di associazione e alle politiche di D&I (Diversity & Inclusion);
- governance e condotta aziendale: si riferisce a indicatori su temi quali il codice etico, il modello di organizzazione e controllo 231 e di procedure in materia di anticorruzione e il sistema di segnalazione di violazioni di leggi, reati o casi di corruzione e frode.
L’analisi di alcuni dei 45 indicatori di sostenibilità può essere utile a comprendere come il giusto approccio delle PMI ai temi della sostenibilità possa diventare un fattore di distinzione rispetto ai competitor e di conseguente successo sul mercato.
Rating climatico/ambientale
Un rating climatico o ambientale è un sistema di valutazione che assegna una misura di quanto un’impresa sia impegnata nella riduzione del proprio impatto sull’ambiente e nel miglioramento della propria sostenibilità climatica. L’attività di rating ambientale viene svolta da agenzie di rating ESG qualificate nella raccolta dati e informazioni che, attraverso propri strumenti di monitoraggio, esaminano gli aspetti di sostenibilità nell’attività svolta dall’emittente.
Al termine dell’analisi, tali agenzie forniscono un giudizio sintetico qualitativo e quantitativo che certifica se l’emittente abbia integrato la sostenibilità ambientale, sociale ed economica nelle strategie operative. Il rating ambientale indirizza gli investitori istituzionali e i consulenti finanziari nella giusta direzione per individuare l’investimento sostenibile più opportuno.
La scelta di dotarsi un rating climatico o ambientale rappresenta indubbiamente un primo fondamentale passo verso al sostenibilità; passo questo indubbiamente rilevante non solo per le imprese che operano in settori economici sensibili, ma più generalmente riferibile alla manifattura in genere, all’agricoltura e in determinate condizioni anche da altri settori.
Livello di efficienza e prestazione energetica degli immobili in garanzia
L’Attestazione di Prestazione Energetica (APE) è un documento rilasciato da esperti qualificati e indipendenti che attesta la prestazione energetica di un edificio attraverso l’utilizzo di specifici indicatori e fornisce raccomandazioni per il miglioramento dell’efficienza energetica. Tra le varie valutazioni e indicatori inclusi nell’APE, sono presenti due informazioni chiave:
- prestazione energetica: la quantità annua di energia primaria effettivamente consumata o che si prevede possa essere necessaria per soddisfare, con un uso standard dell’immobile, i vari bisogni energetici dell’edificio, la climatizzazione invernale e estiva, la preparazione dell’acqua calda per usi igienici sanitari, la ventilazione e, per il settore terziario, l’illuminazione, gli impianti ascensori e scale mobili;
- classe energetica: un indicatore che valuta l’efficienza energetica e che è basato sul valore della prestazione energetica. La classe energetica è contrassegnata da un indicatore alfabetico in cui la lettera G rappresenta la classe caratterizzata dall’indice di prestazione più elevato (maggiori consumi energetici), mentre la lettera A rappresenta la classe con il miglior indice di prestazione (minori consumi energetici).
L’APE, con validità di 10 anni dalla data di emissione, diventa un requisito legale e, quindi, obbligatorio in tutti i casi di:
- acquisto o vendita di un immobile;
- trasferimento di un immobile a titolo gratuito;
- contratti di locazione;
- annunci di vendita di un immobile;
- vendita di edifici di nuova costruzione;
- lavori di ristrutturazione (su oltre il 25% della superficie);
- per interventi di riqualificazione energetica e per ottenere l’accesso alle detrazioni fiscali previste (es. Superbonus).
Disporre di un APE in validità per tutti i fabbricati strumentali all’esercizio dell’attività di impresa è indiscutibilmente una condizione necessaria, ma non sufficiente, per sviluppare approcci sostanziali alla sostenibilità e per affrontare in modo efficace e misurabile i temi dell’efficientamento energetico.
Valore degli attivi esposti a rischio di transizione
Il rischio di transizione deriva dal passaggio a nuovi sistemi di produzione e consumo dell’energia che permettono di ridurre le emissioni di gas serra. Le stesse politiche di contrasto ai cambiamenti climatici possono quindi essere fonte di rischio, in particolare se non pianificate e incoerenti. Variazioni repentine o inattese delle politiche climatiche (come limiti regolamentari all’uso delle fonti fossili o altri sistemi che penalizzano le emissioni) possono cogliere impreparate le imprese operanti nei settori economici più esposti, con potenziali ripercussioni sulla loro attività e su quella dei soggetti ad esse collegati.
Il rischio di transizione può riflettersi sul valore degli attivi delle imprese coinvolte. Questo indicatore suggerisce di comunicare il valore contabile degli attivi esposti a rischi di transizione, per categoria di attivi o singolo attivo.
Obiettivi relativi alla riduzione di emissioni di sostanze inquinanti in aria, acqua e suolo
L’informazione di sostenibilità è relativa all’indicazione degli obiettivi di riduzione delle sostanze inquinanti emesse verso l’aria, l’acqua o il suolo. Nel dettaglio:
- le emissioni verso il suolo sono determinate dalle sostanze immesse nel suolo e considerate dannose per la salute umana o l’ambiente (quali, ad esempio, inquinanti organici persistenti, composti di azoto e fosforo, pesticidi);
- le emissioni verso l’acqua sono determinate dal rilascio di sostanze inquinanti, quali pesticidi, solventi e metalli pesanti, nell’ambiente acquatico (come fiumi e laghi interni, o zone marine) attraverso diverse vie, prevalentemente scarichi industriali e agricoli;
- le emissioni annuali verso l’aria sono derivanti dal rilascio di una vasta gamma di sostanze inquinanti nell’atmosfera a seguito di varie attività e processi produttivi, quali le emissioni da parte dei veicoli commerciali (es. PM2.5, PM 10) e quelle derivanti dai processi industriali e di combustione (es. ossidi di azoto – NOx, ossidi di zolfo – SO2, ammoniaca).
Tali informazioni di sostenibilità possono essere già note e rendicontate dall’impresa, in quanto richieste dalla:
- Direttiva 2010/75/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa alle Emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento), che si applica alle imprese che operano nei settori descritti nell’Allegato I della Direttiva, e che emettono sostanze descritte nell’Allegato II;
- Direttiva sul Registro Europeo delle Emissioni e dei Trasferimenti di Sostanze Inquinanti (E-PRTR) (Regolamento (CE) N. 166/2006 del Parlamento Europeo e del Consiglio relativo all’istituzione di un registro europeo delle emissioni e dei trasferimenti di sostanze inquinanti e che modifica le direttive 91/689/CEE e 96/61/CE del Consiglio) per le attività economiche definite nell’Allegato I e per gli inquinanti definiti nell’Allegato II del regolamento; oppure, qualora l’impresa aderisca volontariamente a sistemi di gestione ambientale, come il “Eco-Management and Audit Scheme” (EMAS) definito dal Regolamento (CE) n. 1221/2009. Analogamente l’informazione di sostenibilità sulle emissioni verso l’acqua può essere già nota e rendicontata dall’impresa, in quanto richiesta dalle Direttive ai punti i) e ii), oltre che dalla Direttiva 2013/39/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio, che definisce le sostanze prioritarie nel settore della politica delle acque.
L’attenzione rivolta ai temi della sostenibilità, tanto dai regolatori quanto più in generale dal mercato, impone il mantenimento di elevati standard di compliance dei processi aziendali da parte delle PMI già soggette a regolamentazione.
La scelta dell’adesione volontaria a sistemi di gestione ambientale può risultare, tuttavia, molto utile sia nell’ottica del miglioramento del rating climatico ambientale, sia per anticipare probabili estensioni del perimetro delle regolamentazioni ambientali.
Politiche in materia di diritti umani
L’informazione di sostenibilità è volta a comprendere le politiche eventualmente adottate dall’impresa in materia di diritti umani, con particolare riguardo alle principali aree inerenti ai diritti dei propri lavoratori e di eventuale altra forza lavoro impiegata nell’attività produttiva.
La dottrina classifica i diritti umani in tre categorie:
- diritti civili: riguardano la personalità dell’individuo e si traducono nelle libertà personali, nella libertà di pensiero, di parole, di riunione, di religione e nelle libertà economiche;
- diritti politici: attengono alla formazione dello Stato democratico e comportano una libertà attiva, ossia una partecipazione dei cittadini nel determinare l’indirizzo politico dello Stato; tali sono, ad esempio, la libertà di organizzazione, di elettorato e di partecipazione attiva;
- diritti sociali: implicano un comportamento attivo da parte dello Stato, il quale deve garantire ai cittadini una situazione di concretezza e certezza nella tutela degli stessi e nel riconoscimento delle relative garanzie (come il diritto alla salute, al lavoro, all’istruzione).
Il ruolo delle imprese nella tutela dei diritti umani è un tema di grande attualità. Accanto alle ragioni storiche, riconducibili alla progressiva diffusione delle pratiche di sostenibilità nelle aziende, si è aggiunta la spinta normativa a livello europeo che richiede alle aziende UE di valutare i rischi e prevenire i danni ai diritti umani, al clima e all’ambiente lungo le loro catene di valore globali.
Il Capitolo IV delle Linee Guida dell’OCSE, intitolato “Diritti umani”, è dedicato al dovere delle imprese di rispettare i diritti umani sempre e comunque (a prescindere dall’impegno profuso dai singoli stati nella tutela dei medesimi). Più precisamente, si chiede alle imprese di:
- rispettare i diritti umani, ossia evitare di violare i diritti umani di altri ed affrontare l’impatto negativo sui diritti umani in cui esse siano coinvolte;
- nel contesto delle proprie attività, evitare di avere un qualsiasi impatto negativo sui diritti umani o di contribuirvi e contrastare tale impatto quando si verifica;
- cercare di prevenire o mitigare l’impatto negativo sui diritti umani cui esse non contribuiscono ma che è, comunque, direttamente correlato, per via di un rapporto commerciale (o d’affari), alle loro attività imprenditoriali, ai loro prodotti o ai loro servizi;
- adottare una politica che le impegni al rispetto dei diritti umani;
- mettere in atto una due diligence in materia di diritti umani, in misura adeguata alla dimensione, alla natura e al contesto delle attività nonché alla gravità del rischio di impatto negativo contro i diritti umani;
- procurare legittimi meccanismi rimediali o prendervi parte al fine di porre rimedio all’impatto negativo sui diritti umani di cui sono state causa o cui hanno contribuito.
Soffermandosi sulla salute e sicurezza sul lavoro, il Bollettino trimestrale dell’Inail contiene informazioni riferite al numero delle denunce di infortunio e malattie professionali rilevato a partire dall’inizio di ciascun anno con riferimento ai periodi: gennaio-marzo (I trimestre), gennaio-giugno (II trimestre), gennaio-settembre (III trimestre) e gennaio-dicembre (IV trimestre).
Nel periodo compreso tra gennaio e marzo 2024 si sono rilevate complessivamente 145.130 denunce di infortunio, lo 0,38% in più rispetto al periodo gennaio-marzo 2023. Le denunce di infortunio con esito mortale sono state 191 a fronte delle 196 rilevate nell’analogo periodo del 2023 (-2,55%).
L’analisi territoriale delle denunce rilevate nei primi tre mesi dell’anno evidenzia, rispetto al 2023, incrementi dell’1,26 per il nord ovest, dello 0,98% per il centro e dello 0,47% per il nord est. Diminuzioni si rilevano per il sud (-2,21%) e per le isole (-1,01%). Il numero delle denunce è in aumento in Toscana (+423), Lombardia (+382), Piemonte (+326), provincia autonoma di Trento (+268), provincia autonoma di Bolzano (+123), Emilia Romagna e Puglia (+85), Sicilia (+48), Umbria (+38), Calabria (+27), Molise (+19), Valle d’Aosta (+2). Sono, invece, in diminuzione le denunce rilevate in Campania (-265), Abruzzo (-198), Veneto (-185), Liguria (-153), Sardegna (-140), Lazio (-128), Friuli Venezia Giulia (-77), Basilicata (-75), Marche (-61).
La cronaca recente ha portato nuovamente alla ribalta il settore agricolo, affetto in Italia dalla piaga del caporalato; non è questo però l’unico settore sensibile a tale tema atteso che tutte le PMI che hanno sperimentato processi di delocalizzazione o che, semplicemente, fanno ricorso alle esternalizzazioni di lavorazioni in paese sensibili devono preoccuparsi quantomeno sul piano reputazione di eventuali scandali in materia di diritti umani che possono coinvolgere le proprie filiere produttive.
Benefici
Il Documento in consultazione è finalizzato, quindi, a favorire il coordinamento degli sforzi e delle iniziative delle istituzioni e del sistema economico del Paese, e l’interazione tra banche e piccole e medie imprese sui temi della sostenibilità, con l’obiettivo di supportare queste ultime nella produzione delle informazioni attinenti agli impatti, ambientali, sociali e di governance (ESG).
L’iniziativa mira anche a promuovere strategie di finanza sostenibile, incentivando l’investimento di risorse private nel mercato dei capitali per supportare la transizione verso un’economia più digitale ed attenta all’ambiente che la circonda.
Grazie alla disponibilità di queste informazioni le PMI potranno:
- misurare più accuratamente i rischi e pianificare meglio gli investimenti;
- avere un miglior accesso a finanziamenti, con minori costi e condizioni agevolate;
- rafforzare la capacità di resistere a shock energetici e ambientali;
- offrire prodotti e servizi più sostenibili, rafforzando il posizionamento competitivo.